Formazione

L’eticità sta anche in una mozzarella

Dietro i brillanti risultati economici 2002 non solo mercato, ma anche scelte precise di responsabilità sociale per il leader italiano del latte fresco (di Selena Delfino).

di Redazione

La sostenibilità paga. Il bilancio 2002 di Granarolo, pubblicato recentemente, evidenzia un risultato super: un utile di un milione e 600mila euro, record nella storia della società bolognese. Esattamente un anno prima, la società controllata dal Consorzio Granlatte dei produttori caseari emiliani, aveva iscritto a bilancio una perdita di quasi 10 milioni. Ad invertire la tendenza, scelte di management e fattori di mercato, certo, ma anche la crescente reputazione socio-ambientale del gruppo potrebbe non essere estranea agli ottimi risultati del conto economico. Prossima alla quotazione in Borsa, rivale agguerrita di Parmalat a cui contende la leadership di mercato dopo aver acquisito, recentemente, anche il controllo di Centrale latte Milano, Granarolo rappresenta davvero una case-history della responsabilità sociale di impresa in Italia. Perché redige bilanci sociali (ora di sostenibilità), da molto prima che fossero diventati una moda (anche se per pochi). Perché ha creato, con Unipol, Conad e Coop Adriatica, Impronta etica, associazione per promuovere la responsabilità sociale di impresa. Perché ha scommesso sull?agricoltura biologica, prima di molti altri. Perché ha 25 certificazioni diverse delle proprie produzioni: dall?Emas alla Iso 14001 e, ultima arrivata, la Sa8000, marchio di social accountability che garantisce tutta la filiera, fornitori compresi, del rispetto delle norme internazionali sul lavoro: diritti sindacali, bando del lavoro minorile, rispetto delle norme contrattuali. “A onor del vero, nell?agroalimentare siamo arrivati dopo Maina e la Palmera”, dice Rossella Saoncella, direttore amministrazione, finanza e controllo, la manager che in Granarolo presidia l?area della corporate responsibility. Occhio ai fornitori Con tutto rispetto per i panettoni e per il tonno, i numeri di Granarolo sono diversi: a cominciare dai 514 milioni di euro di ricavi dell?ultimo bilancio. “è un processo che richiede un coinvolgimento notevole di tutto il personale e dei fornitori, che si impegnano a consentire a ispezioni vere e proprie, pena la rescissione dei contratti”, dice la Saoncella. Ne sanno qualcosa in Granarolo, essendo loro stessi fornitori di Coop, tra le prime a certificarsi Sa 8000 in Italia. Senza dimenticare l?impegno diretto nel sociale. Il gruppo bolognese ha istituito da due anni il Premio Alta Qualità, riconoscimento dotato di una somma cospicua, che è andato prima a Ernesto Olivero, pacifista storico, poi, lo scorso anno, a Manuela Dviri, madre coraggio israeliana. Con Medici senza frontiere, poi, la collaborazione dura da almeno tre anni. Un impegno che non è a costo zero: tre unità di personale dedicate, ore di riunioni con i dipendenti. “Non siamo abituati a misurare tutto per il ritorno immediato”, dice Luciano Sita, patron di Granarolo. Sessantun anni, bolognese verace, ?inventore? di Conad, Sita è l?uomo che sta guidando gli allevatori emiliani a Piazza Affari. “Responsabilità sociale di impresa significa non dover dire sempre: ?quanto mi costa?”. E fa l?esempio del rapporto Emas. ” Abbiamo anche i sensori all?esterno degli stabilimenti per misurare la rumorosità delle produzioni: questa è cultura, non marketing, perché si tratta di una visione a medio e lungo termine del ruolo che un?impresa può avere nella società del domani”. Il social commitment di Maroni? “Interessante, purché non sia il tentativo di esternalizzare alle imprese compiti che sono propri dello Stato o della società”, dice schietto e aggiunge di non essere neppure d?accordo “con certi capitani di industria, per i quali l?impresa è responsabile in quanto tale”. Sulla responsabilità sociale, Sita usa un?immagine dall?agroalimentare. “Oggi c?è gente che fa la mozzarella con la cagliata della Polonia e della Nuova Zelanda, il prosciutto con i maiali olandesi, mentre per lo speck solo l?affumicatura è Dop. Eticità è anche coerenza, ricerca di valori distintitivi. O la globalizzazione ci smonterà tutto. Essere responsabili significa difendere la naturalità dei prodotti. O finiremo per fabbricare solo la qualità”.

Selena Delfino


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